L’amico evaporato

Ho una terribile maledizione. Gli amici mi evaporano attorno. Quasi sempre. Il 60% della colpa è ovviamente mia. Non ho ancora trovato l’amico della vita, quello che ti segna l’infazia, l’adolescenza e che ti fa da testimone di nozze. Anagraficamente, quindi, penso che il treno non arrivi più. Da bambino vivevo in un paese piccolo, ma frequentavo la scuola di una grande città. Ero l’unico bambino del mio paese a non essere iscritto nell’unica prima elementare di quel paese; andavo in una scuola con 5 prime classi. Forse è anche per questo che sono l’unico ad essermene andato di casa a 18 anni. Non so se l’ho fatto perché non sopportavo più quel paese o mio padre.

Quei pochissimi legami che ho costruito al liceo li ho persi andando a studiare in una città lontana. I miei compagni già sapevano che sarebbero andati a studiare a Milano, perché così fan tutti: i pendolari per 3+2 anni. Io ho detto chiaramente a mio padre che dopo essere stato “il perfetto studente modello” dalle elementari al liceo, ora doveva pagarmi l’università come e dove dicevo io. In cambio ho fatto il mio dovere. Ho passato il test per iscrivermi a medicina, ho vinto borse di studio ogni anno e mi sono laureato in corso con 110 e lode. Non so se l’ho fatto perché non sopportavo più quel paese o mio padre.

Dopo un anno fuori casa il rapporto con mio padre è migliorato, inspiegabilmente. Si era reso conto che aveva perso un figlio, che era “volato dal nido”. Si era reso conto che non aveva ricordi della mia infanzia perché non l’aveva vissuta. Non sapeva nulla di suo figlio e questo lo faceva soffrire. Faceva soffrire anche me, quando tornavo a casa e incrociavo quello sguardo, diverso, su di me. Lo sguardo che avevo cercato per anni senza trovarlo. Provai pena per lui, mi sentii in colpa per essermene andato. L’ho perdonato. Ora lo abbraccio; ho iniziato a farlo a 20 anni. Mi sono fatto anche crescere i baffi, sebbene mi fossi promesso che non l’avrei mai fatto perché la mia faccia gli somigliava già troppo, non volevo anche i suoi baffi.

Da bambino passavo molto tempo a casa da solo perché i miei genitori lavoravano. Non potevo uscire, quindi niente pomeriggi spensierati con gli altri bambini. Studiavo, tantissimo. Leggevo, tantissimo. Guardavo la tv, quei documentari bellissimi che trovavo sempre su qualche canale. Mi piaceva la matematica e risolvevo i compiti a casa di mia sorella maggiore. Lei, che ha dovuto sopportare il fratello “perfetto”, il primo della classe, il secchione. Lei, che ha accettato di essere seconda troppo presto, quando la vita dovrebbe essere senza ostacoli. Lei, che mi ha voluto così bene da non riuscire ad odiarmi anche quando avrebbe dovuto. L’avrei perdonata. Non mi sono mai perdonato di averla fatta sentire “imperfetta”. Oggi ha accettato questa imperfezione. Vorrei abbracciarla più spesso di quanto ci accada. È una donna perfetta.

Nella facoltà di medicina ho scoperto un mondo che non conoscevo. Il liceo mi aveva dato qualche vaga idea di cosa fosse la cultura, ma non si era minimamente avvicinato a quei livelli. Libri, aule antichissime. Mi ricorderò per sempre la prima volta che entrai in quell’aula, in legno, con i sedili disposti a semicerchio. C’era in me un senso di riscatto fortissimo. Avevo vinto, su tutti: mio padre, i compagni di classe, quel paese che mi considerava un estraneo. Conobbi la ricchezza, vera. Non frequentavo più i figli di famiglie di paese, eterogenee ma mediocri. Ero accanto al figlio del notaio, del banchiere, del medico e ovviamente anche a ragazzi normali, come me, ma culturalmente diversi, stimolanti. Conobbi la voglia di successo che era stata instillata in loro per anni dalle loro famiglie perfette. Il modo di vestire, le camicie stirate, il mocassino, gli abbinamenti di colori, crebbi con loro. Cambiai con loro. Avevo assimilato il loro modo di essere, di vivere, di sorridere, di parlare, di muovermi, di flirtare, ma non di pensare. Pensavo meglio di loro. Ero più furbo e scaltro. Non mi importava di nessuno, volevo essere riconosciuto come loro. Io, figlio di nessuno.

Essere mio amico al liceo era difficile. Non impazzivo per il calcio, non mi interessava la musica alternativa, non ero uno sportivo. Non so nemmeno cosa pensassero di me gli altri. Forse ero strano o gay o stupido o sfigato o secchione. Penso che a ruota mi abbiano detto di tutto. Ho sempre pensato che lo facessero per invidia, soprattutto i ragazzi. Ovviamente non era vero. Non invidiavano nulla della mia vita. Non gli interessavano i miei voti, la mia proficuità negli studi. Lo facevano perché ero odiabile, ora lo so. Mi sarei odiato io stesso. Volevo essere perfetto e li facevo sentire inadeguati. A volte lo facevo perché era l’unica cosa che avevo. L’unica dote. Ora sì, invece. Qualcuno mi invidia.

L’università mi ha permesso di conoscere persone provenienti da tutta Italia e non solo. Ho trovato qualche amico. Ma essermi amico era difficile come ora. Non mi piace sentirmi ogni giorno con qualcuno, vorrei solo che ci fosse nel caso ne avessi bisogno. Vorrei sincerità, schiettezza. Quello che sono. Ho rotto delle amicizie perché ho detto alle persone quelle che erano: troia, tossicodipendente, raccomandato, inetto. Queste le ultime 4. Un caro amico ha invece deciso che dovesse sparire dalla mia vita, dicendomi che stava male e che doveva curarsi. E così è stato in altri casi, per altri motivi, non meno egoici. Si è creata una sorta di terra bruciata attorno a me, un’evaporazione delle persone che prima occupavano un certo spazio nelle mie vicinanze. Poi ho capito che questo è l’amicizia. Un temporaneo e vicendevole abuso.

Per i romani la socìetas era un contratto consensuale con il quale due o più soggetti (socii) si obbligavano reciprocamente a mettere in comune beni o attività, in quantità anche disuguali, allo scopo di compiere una o più operazioni economiche, dividendo tra tutti, secondo criteri prestabiliti, i guadagni o le eventuali perdite. L’amicizia è una sorta di contratto che garantisce ad ambo le parti dei guadagni. Per i greci no. L’amore amicale è proprio quello che i greci chiamerebbero φιλία (philia), un sentimento fraterno, assolutamente disinteressato, un’affinità che edifica continuamente lo stesso rapporto e che arricchisce chi lo coltiva. Con il Circolo degli Scipioni la cultura e la filosofia greca approdarono a Roma e ci fu una vera e propria rivoluzione culturale, anche in questo.

La nostra società non è più abituata alla philia. È plagiata dalla socìetas. Non ho ancora trovato l’amico della vita, quello che ti segna l’infazia, l’adolescenza e che ti fa da testimone di nozze. Non è mai esistito per me. Lo troverò, però. Lo so che c’è qualcuno disposto ad ascoltarmi, senza la voglia di occuparmi la vita, senza l’arroganza di pensare di essere l’amico della vita, quello che segnerà il resto della mia vita e mi farà da testimone di nozze. Quel treno l’ho perso, ne ho presi altri. Sono stanco di troie, tossicodipendenti, raccomandati, inetti. Vorrei solo parlare con una persona capace di ascolare, senza che mi dispensi dei giudizi o dei consigli, ma solo supporto umano.

Non avevo amici, ma lei mi ha capito. Mi ha visto, mi ha voluto. Ci siamo subito intesi. Ricordo che parlammo per giorni interi. Passavamo quei giorni a scopare e parlare di noi e del mondo. Ore a parlare delle nostre vite, della nostra infanzia. Parlavamo di filosofia e fisica, storia e medicina. Avevo voglia di parlare, tantissimo. L’ho trovata. La amo più di quanto pensavo sarei riuscito ad amare. Non evapora. Mi supporta, non giudica e non mi da consigli. Mi ama, che è capirsi e trovarsi. Viviamo insieme e ci basta, che è quello che avremmo sempre voluto. Ma quella birra con un amico al bar ogni tanto mi manca. Non gli amici, quelli li abbiamo, tanti. Intendo una birra con un amico al bar. Ci siamo capiti.

#piùdi100. Se e quando serviranno più di 100 parole, le userò.

35 pensieri su “L’amico evaporato

  1. Ognuno ha la sua storia… La mia è di aver coltivato centinaia di possibili amici, e di averli fatti evaporare praticamente tutti. Siamo cattivi? Egoisti? Forse, ma non credo.
    Credo semplicemente che siamo così, impossibilitati ad appoggiarci a qualcuno che non siamo noi stessi, ad accompagnarci a qualcuno di diverso da colei che amiamo.

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  2. Storie simili… l’amica del cuore da bambina, alle medie, alle superiori, non ce l’ho mai avuta. Solitaria, gusti fuori dal coro, ho riversato anche io tutti i miei sforzi nello studio. L’amica della vita l’ho incontrata quasi vent’anni fa, da adulta. Da allora ci vediamo, parliamo, raccontiamo, ascoltiamo, discutiamo, ci diciamo le cose in faccia senza problemi. Tempi e modi variabili, sulla base delle mie storie, le sue, il tempo a disposizione. Ma so per certo che quando mi va una birra al bar, la trovo, e lo stesso lei con me. Sei ancora in tempo anche tu.

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  3. Anch’io mi ci ritrovo un po’. Peccato che i miei non mi abbiano concesso né il liceo né l’università che volevo io. E così sono rimasta al paese fra i soliti volti, ma sempre fuori dal coro e quindi senza amicizie, come te. Forse troppo adulta per loro, forse sono cresciuta troppo sola (quasi come figlia unica) per poter capire es inserirmi nel gruppo o, forse, i miei genitori mi hanno insegnato troppo bene a pensare con la mia testa, a diffidare e a mantenere le distanze.

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      1. Tante volte ho provato a ribellarmi con me stessa, a impormi d’essere un po’ come quella o quell’altra, ma ho sofferto due volte in tal modo. Al diavolo, mi son detta, resto me stessa, beata nella mia solitudine. Però é vero, alla fine trovi sempre qualcuno che t’ama, che ti sceglie e resta per quel che sei. Ma un conto é l’amore e un conto l’amicizia nei tempi e nei modi giusti.

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  4. Le amicizie credo che capitino. Non credo possa essere una colpa non aver avuto un amico fraterno. Non so se esista realmente l’amico fraterno: o meglio so che esiste ma so che è differente da come viene idealizzato solitamente.
    Forse l’amicizia non ha tempo: puoi conoscere qualcuno e, pur non avendo vissuto con questi nessun attimo fino a quel momento, scoprire che invece condividi con lui ogni istante dall’infanzia all’età matura.

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  5. In compenso però hai trovato una donna con cui star bene! Rinuncerei molto volentieri a qualcuna delle birre con gli amici per avere invece una donna accanto così. Niente…a tutti evidentemente manca qualcosa.

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      1. Ah ma ti capisco sai!Per questo vorrei non pensare a quel che sono e sono stato solo che la notte i pensieri anche se non invitati si presentano tutti insieme e mica se ne vanno!

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      2. Ps sono stato invitato a fare un giochino sul cinema ed ho inserito anche il tuo nome nella staffetta.Spero di non disturbare!

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  6. Penso che sia molto difficile avere, incontrare, mantenere, quel tipo di amici che tu così bene caratterizzi nel tuo scritto. Penso che amicizie così siano un po’ come l’amore, incontri fra persone molto affini, che si piacciono nella mente, è difficile da descrivere… Dall’adolescenza fino ai trent’anni, la vita mi ha offerto più di una volta questa meravigliosa opportunità, ma i continui cambi di sede hanno tolto alle mie amicizie il necessario nutrimento della quotidianità. Le lettere non bastano, quando ci sono i chilometri di mezzo e viene a mancare il continuo confronto, dopo un po’ diventano fredde e banali, almeno a me è sempre capitato così. Quindi adesso sono molto sola e rimpiango le persone che ho perduto e come dici tu, mi hanno dato qualcosa disinteressatamente, come io spero di avere fatto con loro. adesso sono talmente sola da anni, anni e anni, che ho cominciato a pensare di essere diventata antipatica e di… far evaporare le persone!!!

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  7. A 40 anni suonati ho preso il coraggio a due mani e mi sono disfatta di due amici, quelli reputati migliori amici, dopo 25 anni di vita, risate e lacrime condivise. Semplicemente eravamo troppo diversi, troppo. Mi facevano sentire sola anche quando c’erano, anche se mi cercavano di continuo.
    Credevo che non sarei vissuta senza di loro ed invece mi sono sentita subito libera, mi sono disfatta della zavorra.
    Dopo un anno ho conosciuto un amico che adoro con tutta me stessa. Ed è reciproco. Siamo due teste ed un’anima, siamo compagni di merende. Chissà se il nostro rapporto si sarebbe evoluto così se avessi avuto ancora le zavorre. Io credo di no, credo di aver fatto spazio e luce nella mia vita.
    La vita è movimento, la vita è evoluzione.

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  8. A parte avere un’amica che mi farà da testimone di nozze e che conosco da quasi 18 anni, tutto il resto lo capisco bene. Sfigata, secchiona, asociale… mi son sentita dire di tutto. Sono spariti in tanti, è vero, e spesso l’hanno fatto per mantenere le apparenze e non uscire anche loro dal gregge. Ma ho fatto le mie scelte fuori dal gruppo e sono contenta di averle fatte o non sarei quella che sono ora.

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  9. Sognatore disilluso, un bell’ossimoro… leggendo la tua lunga riflessione, il primo commento che mi è venuto in mente è stato: “al netto del tuo talento per la scrittura e del mio piacere nel leggerti, rimangono parole necessarie” (l’ho scritto tra virgolette perché è un’autocitazione… potere dell’ego :))
    Io ho iniziato a riflettere su che cosa fosse la vera amicizia nell’adolescenza, e ne sono passati degli anni da allora; appartenevo anch’io al gruppo di quelli introversi, un po’ secchioni, che coltivano interessi fuori dal gruppo, e soffrivo per la mia incapacità a relazionarmi con gli altri. Con il tempo ho capito che la mia inettitudine era in realtà scelta, volontà di non uniformarmi al gregge pur di essere accolta… un po’ come racconta altamarea14. Oggi rimango seduta dalla parte del torto (seconda autocitazione :)) perché non vedo altra possibilità, ma gli anni mi hanno insegnato ad essere meno intransigente. Frequento persone che considero amiche nonostante i loro interessi e la loro visione della vita collimino solo in parte con la mia… cerco di cogliere il buono che c’è, non pretendo più che gli altri siano sempre all’altezza delle mie (eccessive) aspettative. L’amica di più lunga data che ho è quella con cui ho condiviso la scuola elementare, il liceo e l’università: oggi ci uniscono una valigia di ricordi e un dialogo mai interrotto, eppure ci vediamo poco non riuscirei comunque a definirla l’amica del cuore.

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    1. Hai ragione, gli anni hanno insegnato anche a me ad essere meno intransigente. Accettare la diversità degli altri. Ma per me è una questione anche di tempo. Ne ho poco e odio perderlo con persone che non mi stimolano o non viaggiano alla mia stessa velocità.

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