FlopExpo

L’Expo mi ha lasciato perplesso. Il tema dovrebbe essere nutrire il pianeta, ma la maggior parte dei Paesi ha scambiato l’esposizione universale con un mero esercizio muscolare per capire chi ce l’ha più lungo grosso (il padiglione). Le uniche briciole di italianità sono da cercare tra gli stand delle regioni/lobby/aziende italiane ammassate ai lati del cardo e tra i ristoratori di Eataly, che per qualche masochistica ragione propone al mondo la “pizza napoletana” di Rossopomodoro. Ben fatto, invece, il padiglione del Vino, dove sono esposte centinaia di etichette suddivise per regione: quando girano i soldi veri non si scherza.

Il peggior prodotto italiano è Palazzo Italia: una pessima idea architettonica riempita di attrettanto pessime idee. Il cibo, lì dentro, non esiste. Cercando senza sosta dei riferimenti al tema della fiera, ho evitato i padiglioni stile Gardaland e privilegiato i Cluster tematici (caffé, tuberi, cacao, frutta, spezie, mediterraneo), che si presentano come conglomerati di mini-padiglioni di Peasi troppo poveri per uno spazio espositivo esclusivo. Questi Paesi, tuttavia, hanno perso di vista il senso dell’esposizione, trasformandosi in mediocri mercatini dell’artigianato locale e bazar di vu’ cumprà stanziali.

All’Expo ho scoperto che si può rimanere in coda per tre/quattro ore, immobili, con le caviglie sanguinanti, soprattutto per visitare i padiglioni più popolari, come quello italiano e giapponese. Questo ha generato in me un insanabile desiderio di scoprire la fauna antropomorfa che popola quelle code e mi sono messo subito in attesa tra le grupie nipponiche. Quello che ho scoperto mi ha restituito uno spaccato della peggiore Italia da marciapiede. Ad esempio, dato che con un bambino, un disabile o un over 65 si saltano le code, ho visto delle sceneggiate grottesche: bambini di 9 anni in passeggino, parenti che rapiscono il nonno dalla casa di riposo e lo spingono esanime sulla carrozzina, gravide al nono mese trascinate dalla suocera. La “coda prioritaria” diventa così una sorta di simulacro dei privilegi della casta, dell’ingiustizia, dell’Italia divisa tra quelli che faticano e quelli che hanno vita facile. Uno spasso tristissimo.

Un altro elemento folkloristico è il passaporto di Expo. Costa qualche euro e ti permette di raccogliere i “timbri” di tutti i padiglioni. Una trappola per ossessivi-compulsivi che trasforma la visita ad Expo nella caccia al tesoro del padiglione mancante. La ricerca del timbro si trasforma in un’esigenza spasmodica,  tanto che la gente entra ed esce dai padiglioni con una rapidità scioccante, senza vedere nulla, solo per il “marchio”. Non ho ancora capito cosa succede quando raccogli tutti i visti: forse ti consacrano “uomo di mondo” di una città dei balocchi che verrà rasa al suolo tra meno di un mese. Una stortura abominevole.

Al termine della visita mi è rimasto l’amaro in bocca. La sensazione era quella di essere stati gabbati. Da italiano mi aspettavo di più, soprattutto perché siamo abituati a parlare di cibo in maniera molto più seria e con più rispetto: meno marketing e più sostanza. Invece mi è parso tutto un gioco, una gita fuori porta, uno zompettare tra uno stato e l’altro senza capire nulla, senza confronto e senza raccogliere alcuno stimolo. Il trionfo di una globalizzazione culturalmente appiattita e consumisticamente esaltata. Peccato per l’ennesima occasione sprecata.

#piùdi100. Se e quando serviranno più di 100 parole, le userò. Non rispetto mai le regole, tantomeno qui.

20 pensieri su “FlopExpo

  1. Non ci sono ancora stata. Temo che se ci andassi e accendessi il pensiero la vedrei come te. Invece ascolto gente entusiasta… che sicuramente ha perso di vista il tema.
    Qui è umido in questi giorni come se fossimo in una risaia vietnamita. Mi chiedo se qualcuno ci pensa alla natura, all’inquinamento, al cibo, allo spreco di risorse.

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  2. per una questione di principio NON vado in visita all EXPO..non oso immaginare anche tutta la mafia che c’è sotto per gli appalti e consideriamo poi le pubblicità che non ritengo opportune, come Mc donald o Coca Cola………meno di 100 caratteri!

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  3. Anch’io non ci vado per principio, però ho parlato con persone che ci sono state. Tralasciando quelli entusiasti che ci sono stati come andassero a Gardaland e sono tornati contenti coi loro timbri e un po’ di gadget, le opinioni degli altri, sono state unanimi: se sei un architetto e vai per vedere le soluzioni architettoniche dei padiglioni vale sicuramente la pena, se invece vai per il cibo… puoi tranquillamente andare al supermercato sotto casa!

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      1. In effetti i padiglione di quelli che ho visitato che ti mettono più a contatto con i loro propri prodotti sono quelli dell’Iran che ti fa vedere tutte le loro spezie (con le piante), molte sono anche da noi, e prodotti come il pistacchio eccetera. Ho scoperto delle bacche che non conoscevo (per mia ignoranza), il crespino (berberis vulgaris). Lo facevano assaggiare e potevi comprarlo. Il Kazakhstan faceva assaggiare il latte di cavalla (sapore orrendo, non solo per me a vedere le facce e le reazioni di quello che lo bevevano. Per esempio la Thailandia lungo il percorso prima di entrare, aveva delle teche con delle varietà di riso e con la spiegazione a lato. Solo che nel frattempo stai facendo la fila, magari sotto il sole, e non hai la possibilità di vederle tutte perchè se ti sposti, pensano che vuoi fregare il posto e se segui la fila hai i movimenti condizionati. Poi entri dentro e vedi filmati o giochi di luce fantasmagorici, ma soluzioni non saprei dirti. Non si parla di OGM, di spreco del cibo della grande distribuzione, di coltivazioni di mais o altre specie fatte per produrre carburante in paesi che avrebbero bisogno di cibo (ci sono anche molte aziende italiane che lo fanno), di distruzione indiscriminita del suolo agricolo (la stessa area di Expo era un’area agricola che dopo l’evento non potrà più esserlo, ma non si sa neanche per cosa verrà utilizzata a parte il fatto che ha moltiplicato di tanto il suo valore di mercato). Tutte queste cose non le ho sentito, ma forse per mia distrazione o perchè non ho avuto tempo e soldi per seguire anche le conferenze e i dibattiti. Diciamo che con un po’ di pazienza e curiosità, su internet, trovi molto di più sull’argomento.

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  4. Non ci sono ancora stata, ma vorrei vederlo prima della fine. So che sarà una delusione però perdere l’occasione mi sembrerebbe perdere qualcosa che non tornerà mai più. Non comprerò gadget, né amenità varie, mi libiterò a visitare i padiglioni che veramente m’interessano. E, comunque, potrei anche desistere. 😉

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  5. Dei cibi di plastica lungo il decumano ne vogliamo parlare. Io ci sono stato più di una volta. La prima per visitarlo con mia moglie, le altre due per accompagnare parenti venuti da lontano per vedere expo. L’ultima volta sono capitato nella giornata del record di visitatori. Una cosa allucinante. Code di quattro ore ovunque, persino al padiglione della Svizzera che nelle visite precedenti, quasi ti venivano a chiamare loro per entrare. Vedere tre massimo quattro padiglioni in un giorno, il tutto per poter dire di aver venduto tanti biglietti in un giorno. Mi vengono in mente i treni a lunga percorrenza affollati, quando i biglietti venduti erano molto superiori al numero di posti disponibili. Palazzo Italia, un edificio enorme per mostrare delle immagini, qualche pianta rinsecchita e per firmare una Carta di Milano che non ho capito a cosa serva. Probabilmente sarebbe stato più utile chiedersi come Vandana Shiva: “Chi nutrirà il mondo”.
    http://www.expo2015.org/it/cos-e/ambassador/vandana-shiva

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  6. Ciao.
    Premesso che sono completamente d’accordo con te, ti dico che ci sono stato già quattro volte e solo l’ultima, col ticket giornaliero.
    Le altre tutte serali…
    E probabilmente di sera ci tornerò, ma proprio col senso che dici tu e con cui ho approcciato le altre visite serali: gita fuoriporta e cazzeggio con gli amici !
    Probalbilmente nel Giappone e nel Kazakistan non ci entrerò mai, visto le code senza senso… nell’Italia non ci andrò anche volotariamente…

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